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Superare il lutto e la perdita
Anatomia di un percorso doloroso ma necessario
La maggior parte delle persone che sente l’esigenza di ricorrere al supporto di una terapia psicologica, lo fa in seguito ad una perdita che non riesce ad accettare: la perdita di una persona cara, ma non solo. La fine di una relazione significativa o di un matrimonio, la perdita di una situazione lavorativa consolidata, una malattia importante, sono eventi che devono essere elaborati durante un arco di tempo variabile ma necessario a far sì che trovino una collocazione nella propria storia personale, "un posto dove stare", come ha detto una mia paziente tempo fa; vanno in ogni caso rielaborati per il tempo che serve a farli ripensare con meno dolore e ad accettare che sì, sono accaduti proprio a noi. E le parole per descrivere il dolore, paradossalmente, sono le stesse per la perdita di una posizione lavorativa, per la fine di un amore, per un cambiamento importante. Nel lutto per la morte di una persona cara, il dolore, pur essendo infinito e inconsolabile, tuttavia è quasi sempre scevro di implicazioni che toccano il senso di colpa o l’autostima, perché quasi sempre inevitabile.
Secondo Rubin (1999) possiamo parlare di "risoluzione del lutto" quando una persona è in grado di costruire dentro se stessa una rappresentazione della relazione che aveva, utilizzando pensieri, affetti, memorie, percezioni, cioè ogni cosa che testimoni l’esistenza di un legame, e se questa rappresentazione si evolve nel tempo, seguendo i cambiamenti propri del ciclo di vita dell’individuo e non rimanendo "congelata" nel proprio vissuto.
Randy Frost, psicologo statunitense, dice a proposito del lutto : "L’unico modo per venirne fuori è passarci in mezzo".
Che cosa significa? Che i lutti meglio risolti sono quelli di coloro che hanno pazientemente accettato di non ignorare la difficoltà emotiva che segue ad un evento doloroso, che hanno preso atto che per vedere la luce prima è inevitabile camminare al buio per un po’ di tempo. Si può e si deve ad un certo punto del cammino buttare tutto alle spalle, ma farlo come terapia alternativa all’elaborazione è come chiudere un cassetto troppo stipato, qualcosa continua a saltar fuori e il cassetto non si chiuderà mai perfettamente se prima non si fa spazio e ordine.
Con quali mezzi lo psicologo aiuta il paziente a "venirne fuori"?
Nel colloquio clinico, attraverso la narrazione, si individuano gli schemi e le convinzioni della persona che si ha davanti, e il suo modo di vedere il mondo e gli accadimenti, che è un modo del tutto unico; lo si aiuta ad individuare eventuali distorsioni cognitive che possono influenzare la naturale positiva risoluzione del dolore, aiutando la persona a dare un significato diverso a ciò che gli è accaduto e a riscriverlo con parole altre. Questo processo aiuta il paziente a mettere in atto le risorse personali, le cosiddette coping skills.
Vi è inoltre una serie di tecniche psicologiche che possono aiutare il paziente ad alleviare il percorso di elaborazione, che vanno scelte dal terapeuta a seconda delle specifiche esigenze e delle caratteristiche di personalità del paziente.
In ogni caso, breve o lungo che sia il tempo di risoluzione del lutto, non si dimenticherà il dolore associato all’episodio doloroso, questo è impossibile e nemmeno auspicabile, ma il ricordo dell’esperienza vissuta diverrà più dolce e si potrà guardarlo con distanza ragionevole senza associarlo a sentimenti di colpa, inadeguatezza, sconforto...perché tutto ciò che di piacevole e doloroso ci è accaduto fa comunque parte del nostro bagaglio esperienziale; come l’abbiamo affrontato contribuisce a disegnare ciò che siamo e a delineare il nostro percorso umano che è sempre suscettibile di trasformazione e cambiamento positivo.
Secondo Rubin (1999) possiamo parlare di "risoluzione del lutto" quando una persona è in grado di costruire dentro se stessa una rappresentazione della relazione che aveva, utilizzando pensieri, affetti, memorie, percezioni, cioè ogni cosa che testimoni l’esistenza di un legame, e se questa rappresentazione si evolve nel tempo, seguendo i cambiamenti propri del ciclo di vita dell’individuo e non rimanendo "congelata" nel proprio vissuto.
Randy Frost, psicologo statunitense, dice a proposito del lutto : "L’unico modo per venirne fuori è passarci in mezzo".
Che cosa significa? Che i lutti meglio risolti sono quelli di coloro che hanno pazientemente accettato di non ignorare la difficoltà emotiva che segue ad un evento doloroso, che hanno preso atto che per vedere la luce prima è inevitabile camminare al buio per un po’ di tempo. Si può e si deve ad un certo punto del cammino buttare tutto alle spalle, ma farlo come terapia alternativa all’elaborazione è come chiudere un cassetto troppo stipato, qualcosa continua a saltar fuori e il cassetto non si chiuderà mai perfettamente se prima non si fa spazio e ordine.
Con quali mezzi lo psicologo aiuta il paziente a "venirne fuori"?
Nel colloquio clinico, attraverso la narrazione, si individuano gli schemi e le convinzioni della persona che si ha davanti, e il suo modo di vedere il mondo e gli accadimenti, che è un modo del tutto unico; lo si aiuta ad individuare eventuali distorsioni cognitive che possono influenzare la naturale positiva risoluzione del dolore, aiutando la persona a dare un significato diverso a ciò che gli è accaduto e a riscriverlo con parole altre. Questo processo aiuta il paziente a mettere in atto le risorse personali, le cosiddette coping skills.
Vi è inoltre una serie di tecniche psicologiche che possono aiutare il paziente ad alleviare il percorso di elaborazione, che vanno scelte dal terapeuta a seconda delle specifiche esigenze e delle caratteristiche di personalità del paziente.
In ogni caso, breve o lungo che sia il tempo di risoluzione del lutto, non si dimenticherà il dolore associato all’episodio doloroso, questo è impossibile e nemmeno auspicabile, ma il ricordo dell’esperienza vissuta diverrà più dolce e si potrà guardarlo con distanza ragionevole senza associarlo a sentimenti di colpa, inadeguatezza, sconforto...perché tutto ciò che di piacevole e doloroso ci è accaduto fa comunque parte del nostro bagaglio esperienziale; come l’abbiamo affrontato contribuisce a disegnare ciò che siamo e a delineare il nostro percorso umano che è sempre suscettibile di trasformazione e cambiamento positivo.
Articolo del: 13 dic 2015
di Dr.ssa Daniela Benvenuti