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Analisi del concetto di “PIACERE”
Sigmund Freud contrappone il principio del piacere al principio di realtà, considerandoli due poli opposti nella regolazione del nostro agire
Quando si parla di "piacere" le persone pensano immediatamente al piacere sessuale, mentre il concetto di PIACERE è molto articolato e la prima analisi di questo concetto la dobbiamo a Sigmund Freud, che contrappone il principio del piacere al principio di realtà, considerandoli due poli opposti nella regolazione del nostro agire.
In quest’ottica, vale la pena di sottolineare che il filosofo Epicuro distingue in:
Cinetico
Catastematico
Il piacere Cinetico è legato al consumo e alla stimolazione: il sesso, il mangiare, divorare stimoli (ai tempi nostri ad esempio attaccandosi agli schermi di ogni tipo, televisione, internet, social). Il piacere cinetico dà origine spesso alle dipendenze, che ci servono a generare neurormoni di piacere per contrastare il dolore accumulato nel fondo della nostra anima.
Il piacere Catastematico invece è un piacere puro, che non deriva da nessun consumo o stimolazione. È legato alla presenza e alla contemplazione. Ad esempio il percepire la piacevolezza dell’esistere, dello stare in compagnia, dell’amore. È molto simile al piacere del guardare le stelle la notte o contemplare un tramonto o ancora starsene come un gatto a fare le fusa senza un motivo preciso. In altre parole, è un piacere profondo per la vita e l’entusiasmo per l’esistenza.
Vi sono persone che conoscono esclusivamente il primo e, proprio per non sentire il vuoto dell’esistenza, intensificano le attività di questo tipo in maniera a volte compulsiva; queste persone corrono costantemente perché fermarsi significa soffrire.
Al piacere di tipo catastematico si arriva dopo un percorso su se stessi, anche se, per genetica, educazione, esperienze precoci, alcune persone posseggono fin da bambini la disposizione a gustare la vita con questa modalità.
Molti pazienti, coloro la cui scontentezza di fondo arriva alla consapevolezza, mi chiedono se il piacere per la vita si può apprendere. E io rispondo: "Dipende..."
Dipende da quanto si è capaci di fermarsi ogni tanto, per guardarsi intorno, per guardarsi dentro, per guardare oltre se stessi e il proprio narcisisismo.
In quest’ottica, vale la pena di sottolineare che il filosofo Epicuro distingue in:
Cinetico
Catastematico
Il piacere Cinetico è legato al consumo e alla stimolazione: il sesso, il mangiare, divorare stimoli (ai tempi nostri ad esempio attaccandosi agli schermi di ogni tipo, televisione, internet, social). Il piacere cinetico dà origine spesso alle dipendenze, che ci servono a generare neurormoni di piacere per contrastare il dolore accumulato nel fondo della nostra anima.
Il piacere Catastematico invece è un piacere puro, che non deriva da nessun consumo o stimolazione. È legato alla presenza e alla contemplazione. Ad esempio il percepire la piacevolezza dell’esistere, dello stare in compagnia, dell’amore. È molto simile al piacere del guardare le stelle la notte o contemplare un tramonto o ancora starsene come un gatto a fare le fusa senza un motivo preciso. In altre parole, è un piacere profondo per la vita e l’entusiasmo per l’esistenza.
Vi sono persone che conoscono esclusivamente il primo e, proprio per non sentire il vuoto dell’esistenza, intensificano le attività di questo tipo in maniera a volte compulsiva; queste persone corrono costantemente perché fermarsi significa soffrire.
Al piacere di tipo catastematico si arriva dopo un percorso su se stessi, anche se, per genetica, educazione, esperienze precoci, alcune persone posseggono fin da bambini la disposizione a gustare la vita con questa modalità.
Molti pazienti, coloro la cui scontentezza di fondo arriva alla consapevolezza, mi chiedono se il piacere per la vita si può apprendere. E io rispondo: "Dipende..."
Dipende da quanto si è capaci di fermarsi ogni tanto, per guardarsi intorno, per guardarsi dentro, per guardare oltre se stessi e il proprio narcisisismo.
Articolo del: 17 mag 2016
di Daniela Benvenuti